Gli errori (e abitudini) che porteranno in rovina il tuo ristorante.

Gli errori (e abitudini) che porteranno in rovina il tuo ristorante.

Nella mia lunghissima vita professionale nella ristorazione, come operativo in diversi ruoli e, da più di 15 anni, come consulente, mi sono imbattuto in diverse figure a capo del ristorante. Ho sempre avuto, quasi per natura, un approccio causativo e responsabile, anche perché fortemente convinto che riportare tutto quello che mi accadeva sotto la mia responsabilità, mi permetteva di accelerare il processo di crescita e non solo professionale. E ne sono convinto anche oggi. 

 

Quindi, ogni volta che mi trovavo davanti (a volte sopra) persone con cui era difficile confrontarsi, perché l’attitudine che li permeava spesso produceva risultati disastrosi, restavo sempre sorpreso da come molti si lasciassero sopraffare da emozioni e comportamenti che inevitabilmente li portava a doversi confrontare con successivi momenti difficili e di forte stress.

 

Dipendenti che abbandonavano il posto di lavoro, clienti che, nella migliore delle ipotesi, si lamentavano degli atteggiamenti del “proprietario” in una recensione negativa, fornitori che continuavano a scaricare solo perché non volevano perdere il cliente, ma lo avrebbero volentieri abbandonato a sé stesso. A volte mi è capitato di vedere richieste di consegne extra urgenti che venivano accolte, ma consegnate nei tempi di un bradipo narcolettico.

 

 

Insomma, che tu sia il proprietario di un locale o un restaurant manager, questi sono gli errori o l’abitudine che NON devi avere. Se ti riconosci in qualcuno di questi errori, bene, a te va il mio applauso, anche perché come dico, sempre “la conoscenza del problema è l’inizio della soluzione”. Lo so, è un’autocitazione, ma rende perfettamente l’idea. Falla tua e usala come nuovo inizio.

1. FARSI GUIDARE DALLE EMOZIONI

Le emozioni sono un aspetto importante nella vita di ogni persona. Gioia, paura, tristezza, rabbia… ma quando ti trovi a guidare un gruppo di persone, devi comprendere che, in situazioni di forte stress, la paura e la rabbia superano tutti i filtri, lasciando dietro di te disastri comunicativi che neanche un campo di grano dopo un’invasione di cavallette.

 

Imparare a gestirle, senza farsi sopraffare, ti renderà senza ombra di dubbio un imprenditore migliore. Considera che arrabbiarti, farti prendere dall’ansia, intristirti, non migliorerà la situazione intorno a te, anzi, spesso, proprio perché sei un riferimento, la influenzerai in modo negativo. 

 

Incoraggia il tuo team, sostienilo e porta a casa la serata, successivamente analizza in maniera distaccata e a freddo gli errori commessi, cercando di capire come si sono originati e come puoi ridurre il margine affinché non si verifichino più. Concediti questa straordinaria opportunità di crescita per te, per la tua squadra e per il tuo business.

gli errori nella ristorazione - Massimo Sacco -

2.ACCONTENTARSI DEL PRIMO CHE CAPITA

L’argomento è di quelli caldi e in questo periodo è un campo minato. Ci entrerò in punta di piedi, ma senza lesinare perché, se

è vero che mancano attualmente 250.000 risorse nel mercato Italiano della ristorazione, è pur vero che molti, invece, hanno lo

staff per svolgere almeno un servizio. Non è questo l’articolo per affrontare questo argomento così spinoso, magari ne farò uno

apposito. Qui parliamo degli errori che fino ad oggi ho visto commettere, non solo nel periodo pandemico e post pandemico,

ma anche prima; anzi, forse questi errori commessi prima li considero ancora più gravi. Perché?

 

Perché la situazione era già preoccupante, ma non grave fino a questo punto. Infatti, era più “facile” trovare figure da inserire nel

proprio gruppo di lavoro. Ma anche in questo caso venivano scelte basandosi su caratteristiche generali, come anni di esperienza, lingue estere si o no, età, sesso, nelle migliori delle ipotesi, percorso di studio, livello dei precedenti locali dove aveva maturato l’esperienza, periodi di lavoro all’interno dei locali etc.

 

In molti casi, il colloquio si basava su una chiacchierata fugace, solo per comunicare al candidato gli eventuali turni, giorni di

lavoro, stipendio (raro), eventuali compiti e le cose che poteva e non poteva fare. Questo trattamento non era riservato ai runner o commis (magari ti piace di più), ma per tutte le figure, compreso quelle chiave tipo: cuoco, aiuto cuoco, pizzaiolo, aiuto pizzaiolo, direttore, maître, chef de Rang, barman etc. 

 

Nessuna menzione a percorsi di formazione interna, premi, plus contrattuali, insomma nulla che facesse crescere in loro la curiosità di accettare quel lavoro prima e il senso di appartenenza dopo. Ovviamente, con questo modo di selezione del personale l’errore drammatico ha un alto tasso di successo. Ti sarebbe bastato effettuare una job description delle varie figure chiave e una checklist da usare in sede di colloquio per ridurre gli errori. Per attrarre le figure giuste, invece, dovevi preparare tutto un piano. Come detto, magari scriverò un articolo apposito in futuro.

3. LA COMUNICAZIONE QUESTA SCONOSCIUTA

Quando si parla di comunicazione, si affronta un campo talmente ampio che è davvero facile perdersi.

Nella mia vita professionale ho incontrato molti ristoratori che sostenevano di non credere nella comunicazione (come se fosse una scelta), altri invece sostenevano che comunicare “sono soldi e fiato sprecato” se cucini bene (oh my god), hai tutto quello che ti serve per aspirare al successo e, quando non accadeva, era sempre colpa di qualcun altro, tipo lo stato, i clienti, i competitor, i dipendenti, la mafia giapponese, il locale di pesciolini rossi all’angolo…insomma, c’era sempre qualcuno su cui scaricare la responsabilità.

 

Comunicare è l’arte di emozionare. Quando lo fai, ti assumi una responsabilità precisa, ecco perchè non devi scegliere parole a caso, magari anche carucce per il solo vezzo di manifestare il tuo ego o scaricare su qualcun altro le tue frustrazioni e le tue paure, anche perché non ti porterà da nessuna parte. Prima di iniziare qualsiasi tipo di comunicazione, dovrai fissarti degli obiettivi e, per farlo, devi fermarti e lasciare che le emozioni (specie quelle negative) sedimentino e che la tua mente ritorni ad essere lucida. Non farlo, ti mette davanti al rischio di comunicare tanto o poco e, sicuramente, male, commettendo errori che potrebbero farti pentire.

 

Per esempio: sapere chi sono i tuoi clienti, cosa fanno, come pensano, come parlano, dove puoi trovarli, etc. ti permette di smettere di inflazionare un mercato già pieno zeppo di messaggi, obbligandoti ad urlare più forte degli altri con il rischio che il tuo msg sia in testa il tempo necessario che qualcun altro urli più forte di te…sapere chi sono i tuoi clienti ti permetterà di smettere di urlare e di iniziare a dialogare. Oppure: quando un tuo dipendente ha commesso un errore, anche grave, capire perché lo ha commesso, se poteva essere evitato e se si, come, come fare per aiutarlo a non commetterlo nuovamente, come responsabilizzarlo rispetto all’accaduto, come incoraggiarlo a non commetterlo ancora etc. 

 

In definitiva, le parole sono parole, ma se mosse da buone intenzioni e riempite di emozioni possono cambiare il mondo, anche il tuo. Non mi credi?

Pensa a Martin Luther King, a Nelson Mandela ,a Mahatma Gandhi, a Madre Teresa di Calcutta, oppure Giovanni Paolo II…

tutte persone che, con le parole, hanno cambiato le sorti di interi popoli.

4. FARE TUTTO DA SOLI

Chi fa per se fa per tre. Ne sei convinto anche tu? Davvero? 

 

Ho visto moltissime realtà dove il ristoratore era (e in molti casi lo è ancora) convinto che tutto ciò che faceva lui era decisamente fatto meglio e portava più risultati. Francamente, non ho mai messo in dubbio la verità di questa affermazione, ma i pericoli che trascina con sé sono davvero numerosi, sia per chi si fregia con orgoglio di questa affermazione sia per chi gli sta intorno.

 

La ristorazione è un micro mondo fatto di persone, reparti, imprevisti, successi, fallimenti, opportunità, minacce, problemi, critiche, apprezzamenti. 

 

Tu non puoi fare tutto da solo, anche se tu fossi davvero il più bravo a fare qualsiasi cosa. Alla lunga cederesti, e qualora tu non lo facessi consapevolmente, ci penserebbe il tuo subconscio, che tu ci creda o no. Sii un leader, trasferisci le competenze, la tua visione, rendi il tuo staff migliore e autonomo, concediti e concedigli di sbagliare e aiutali ad imparare dagli errori, fossero anche i tuoi.

 

C’è una frase di padre Filippo Clerici che da tempo mi ispira: “da soli si va veloce ma insieme si va lontano” falla tua e il tuo lavoro cambierà

magicamente.

 

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FINE PRIMA PARTE...

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