Eccomi, questa volta a riportare notizie che, in qualche modo, mi aspettavo, anche se non ne avevo, ancora, precisa contezza. Ritengo doveroso confrontarsi con la realtà prima di prepararsi al futuro, che inevitabilmente ci sbratterà in faccia la 4a (quarta) rivoluzione industriale.
Andiamo per gradi e analizziamo i numeri consolidati che ci forniscono una fotografia della ristorazione Italiana abbastanza sconvolgente, almeno quella del 2020. Infatti, i dati ci dicono che abbiamo perso poco meno di 500 mila posti di lavoro, perso 30 (trenta) miliardi di euro di fatturato; e questo mentre la spesa alimentare invece aumenta di 6 (sei) miliardi, perché gli Italiani hanno mangiato di più a casa. Un vero bollettino di guerra, pensa che 6 (sei)
ristoratori su 10 (dieci) denunciano entrate inferiori al 50%, ma, complessivamente, più del 97% dichiara un calo del fatturato. Quasi inutili i ristori per il 90% dei ristoratori. Altrettanto drammatica, è nel 2020, la questione nuove aperture, dove se ne registravano 18 (diciotto) mila nel 2010 e poco più di 9 (nove) mila proprio nell’annus horribilis.
Il 2021 prosegue sulla falsa riga. Si prevede un calo dei fatturati intorno al 20%. I responsabili di grandi aziende, dell’industria, della distribuzione e anche della ristorazione, sono concordi (nel 66%) nel prevedere una ripresa nel 2022/2023. Il 27% crede, invece, che la svolta arriverà NON prima del 2024. Secondo gli esperti, il rilancio del settore passa attraverso il potenziamento dei servizi digitali, del food delivery, del marketing e ancora una più attenta cura alla qualità delle materie prime. In realtà, resto della ferma convinzione che la ristorazione abbia bisogno di vedersi per quello che realmente è: UNA AZIENDA; e come tale deve strutturarsi. In questo senso, c’è bisogno di un nuovo concetto, di una nuova visione, che io chiamo
Retailization Restaurant. Strumenti nuovi e “vecchi” riorganizzati per consentire forma e solidità a qualsiasi progetto di ristorazione.
La qualità resterà sempre un punto fermo e insieme al servizio non può e non potranno essere differenziante rispetto ai diretti competitor; perciò sono altri gli elementi da cui bisogna partire. In primis, il mercato di riferimento, la proposta differenziante, il comprendere come il ristorante sviluppi i propri ricavi, il capire quali segmenti di ricavo siano maturi e adatti al progetto, l’avere un conto economico previsionale o un budget che diventi la bussola per una sana e puntuale gestione, seguita da un piano marketing strategico, che punti dritto agli obiettivi, ottimizzando le risorse (senza sprecarle) e, infine, un sistema che permetta il controllo quotidiano dei risultati. Ecco, così sarà la ristorazione, quella che farà fortuna, che prospererà. Senza quei se e senza quei ma che quasi quotidianamente mi capita di ascoltare. Non c’è più posto per chi è convinto che quelle sopra siano solo stronzate e ama chiudersi dietro frasi del tipo: “si è sempre fatto così ed è
sempre andata bene” oppure “punto tutto sulla qualità e i clienti arriveranno da soli”. No, non ci sarà più spazio per questo tipo di mentalità, che, nella migliore delle ipotesi, lotteranno per la sopravvivenza con molte difficoltà.
L’Italia della ristorazione deve e può conquistare (fisicamente) il mondo, anche come quote mercato. Può smetterla di accontentarsi, puntando semplicemente ad avere il locale mezzo pieno o pieno. Deve solo iniziare a vedersi come un azienda e iniziare a strutturarsi. Deve approcciare alla ristorazione con una nuova visione quella della Retalization Restaurant.
Se la pensi come me e sei convinto che questa sia la strada, contattami e parliamone.
Fonti:
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/economie-regionali/2021/2021-0012/2112-lazio.pdf